Delle perdute stagioni e di un eterno ritorno

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Era arrivato giugno. Novella ne aveva seguito l’incedere scrutando i cambiamenti del tiglio nel giardino di casa. Amava vederlo diventare sempre più rigoglioso. Amava vedere la vita farsi strada dentro quell’albero e poi esplodere inarrestabile. Le foglie, dapprima piccole e di un verde pallido, erano ormai diventate tante mani di smeraldo. I boccioli, raccolti in grappoli, quasi come una miriade di bouquet da sposa, si erano schiusi a offrire il loro profumo generoso al concerto di colori e odori di quelle giornate azzurre.

E quel profumo, inevitabilmente, la riportava indietro nel tempo. Là, nel corridoio del liceo, quando la scuola stava per finire; allora dalle finestre spalancate irrompeva la promessa dell’estate nella luce intensa e abbacinante di giugno e nel profumo dei tigli piantati nel cortile di quel palazzo austero.

Parlava della sua adolescenza quel profumo, della spensieratezza, dei sogni, delle attese che nutriva in quegli anni beati. Delle chiacchierate con le amiche mentre erano affacciate a quelle finestre al cambio dell’ora; lì, inebriate da quell’effluvio che sembrava una presenza concreta e silenziosa, pronta a raccogliere e custodire i loro innocenti segreti, si confidavano le piccole grandi pene per un amore non ricambiato, si asciugavano le lacrime e ricominciavano a sorridere.

E quando il pomeriggio uscivano tutte insieme, con il cuore già più leggero, in giro per la città era sempre la fragranza dei tigli ad accompagnarle nelle loro passeggiate, quando mangiavano un gelato a un tavolo all’aperto o quando si sedevano su una panchina ai giardinetti. La vita era lieve, allora, passava su di lei come una carezza; era una levità che Novella aveva compreso solo alla distanza, dopo che le vicissitudini dolorose affrontate in seguito le avevano rivelato tutta la bellezza indomita, potente e prepotente della prima giovinezza.

Questo era per lei il profumo del tiglio. Un manto che la cingeva e, stretta in quell’abbraccio, riviveva se stessa, ciò che era stata e ciò che aveva provato. Se i sentimenti avessero un profumo – pensava ogni volta che si ripeteva il miracolo della fioritura – esso sarebbe di certo quello del tiglio, che porta con sé una sorta di doloroso piacere, una nostalgia struggente per le perdute stagioni. Perdute, ché il tempo non si volge indietro, eppure ancora vive, come quell’adolescente che ritornava sempre al magico richiamo di quell’albero.

E Novella era certa che, anche se fosse vissuta cent’anni, quella sarebbe sempre tornata, nei primi giorni di giugno.